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MISTERIS
GLORIÔS
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E’ una
riedizione, corredata di preziose fotografie in bianco
e nero,
del libro pubblicato nel 1980 da pre Toni Beline (ediz. Glesie
Furlane).
Il titolo nulla ha a che fare con i misteri gloriosi
del rosario
se non, forse, per il fatto che l’argomento affrontato è tutt'altro
che “glorioso”.
Potremmo dire che il titolo è un
ironico ossimoro riferito ad una realtà, quella gloriosa,
in contraddizione o contrapposizione ad una realtà per nulla
gloriosa, anzi umiliante e desolante: quella della Carnia
degli allora anni '70 (e anche di oggi?).
Il libro infatti, ambientato tra Rivalpo, Valle, Trelli, parla
sì di
quella gente, ma indirettamente di tutta la gente carnica. Descrive
comuni situazioni di sacrifici, di partenze, di miseria, di
umiliazioni.
E’ il racconto della vita, nel secolo scorso, di tutti
i nostri paesi, di quelli che non si trovano sui libri di storia,
anche se possono vantare di avere i nomi di molti paesani scritti
su targhe, cippi,
monumenti per ricordare che la Carnia ha dato molte giovani vite “ par
tigni su cheste barache che si clame Italie”.
Fatti, eventi familiari, vicende di stalle o meteorologiche,
sagre religiose, disgrazie, vengono descritte da un prete che ha scelto,
a 27 anni, di salire in quelle parrocchie che, come quasi tutte le
parrocchie carniche, la Curia udinese considerava di confine, adatte
per esiliarvi i preti con troppa “cresta” o testa, oppure
afflitti da qualche debolezza umana ritenuta indegna del ruolo.
Quando pre Toni Beline scrisse questo libro, erano già dodici
anni che conviveva con la gente di lassù. Vi era arrivato dopo
aver vinto un regolare concorso presso la Curia di Udine. In seguito
scoprì che era l’unico
concorrente.
Mi confidò che quando incontrò le sue “anime” si rese
conto che avrebbe dovuto abbandonare tutte le sue sicurezze, ribaltare tutta
la pastorale teorica e ricominciare da capo. Buttò via i libri e si concentrò sulla
sua gente, sulla sua esperienza di vita sofferta.
Cercò di capire e condividere
l’esistenza con quelle poche persone residue che conoscevano forse cento
parole di italiano, ma avevano inventato più di settecento soprannomi
in carnico per distinguere, oltre ai soliti quattro cognomi, figli, padri,
paesani.
Con il tempo ha capito che la venerazione della Madonna, si poteva conciliare
con il ballo, condannato dalla Chiesa come il padre di tutti i più sordidi
peccati, e che l’essere apostrofati come “Cjargnei cence dius” (idoli)
non escludeva il fatto che potessero credere in Dio e nei suoi santi e sante.
Il libro viaggia sul filo dei ricordi: preti, vecchiette analfabete,
ma sagge, sprazzi di vita, eventi laici e religiosi, aneddoti più o
meno arditi (al punto che nell’introduzione pre Toni anticipa
che quanto scrive non è adatto
ai bambini!).
Potrei ancora parlare delle critiche che osava rivolgere ai politici in tempo
di “democrassigne”,
delle idee su un turismo rispettoso, di come era stata vissuta in quei luoghi
la resistenza (che aveva fatto più danno alle stalle di quanto avessero
fatto i tedeschi), ed ancora di tanti cavilli e del condimento quotidiano di
bestemmie irripetibili, ma ritengo di aver raccontato abbastanza per invitarvi
ad apprezzare un libro di microstoria carnica, prima che tutto affondi nel
nulla.
Marino Plazzotta
Treppo in Carnia, 21 novembre 2007