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LÔCS
Luoghi
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Leonardo
Zanier, tramite la Biblioteca Civica di Pordenone, ci
ha gentilmente inviato questa sua ultima sua fatica letteraria (giugno
2008, euro 6) che, pur non essendo
di mole ma solo un agile volumetto, costituisce un piccolo e prezioso
scrigno in cui l'autore ha voluto deporre e custodire gli ultimi respiri
del
suo
animo.
Questi "luoghi", richiamati alla mente e rivisitati nella memoria,
non sono solamente luoghi fisici carichi di velato rimpianto o di
soffusa nostalgia (come sempre la Carnia
evocata sa suscitare) ma anche "luoghi" dell'animo, del cuore, degli affetti...
Questa
raccolta poetica apre con un elogio del fagiolo carnico,
conosciuto da sempre come la "carne dei poveri", legume
che si distingue da paese a paese, che cresce nelle contrade più lontane
e isolate, che rappresentava (ora non più, quasi ci si vergogna)
la base dietetica per grandi fatiche, (allora) sempre prive del combustibile
adeguato;
e, con la scusa delle tantissime varietà di fagiolo carnico,
il poeta elenca,
in
una divertente e anche sottilmente ironica rappresentazione, i nomi
dei tantissimi paesi e paesetti di Carnia, in rigorosa variante locale.
Questo singolare assortimento di toponimi, che si inseguono
in modo davvero scoppiettante,
rinvia
quasi alle tante varità di fagioli carnici ed in questo continuo
rimando di immagini (paese-fagiolo) non si può però non
cogliere un'amarezza profonda
che permea ogni riga e si compie pienamente nelle due parole finali
(impradîts
e imboschîts), a significare come la Carnia odierna stia
pericolosamente mutando...
La seconda poesia (Stagioni)
è un grandioso affresco evocativo della semplice quotidianità
carnica che veniva (allora) cadenzata sul lento
succedersi delle stagioni, in
ciascuna
delle
quali il vivere del montanaro assumeva forma sempre nuova e diversa ed era necessariamente (ma
consapevolmente) improntato al rispetto della natura e ad un amoroso
adeguamento ad essa, fonte di sicuro sostentamento e garanzia
di
vita e vitalità. In brevissimi versi, stupendamente icastici, l'autore
ripropone un "albero degli zoccoli" in poesia, offrendo
quadretti di vita quotidiana profondamente veri, specie se comparati
con il ricordo
della
propria fanciullezza che la lettura di queste delicate pagine fa lentamente
affiorare...
La terza poesia riprende, con chiaro intento ironico-pedagogico,
l'elogio serioso del fagiolo, presentando una serie di detti,
aforismi, proverbi, modi di dire riguardanti il legume in questione.
Il poeta spazia dalla
Carnia ai greci, dai romani a Cuba: ma il fagiolo resta sempre quel
misterioso prodotto (rievocato nella successiva poesia con nomi e colori)
attraverso cui la natura riesce a sopperire alla cronica carenza proteica
dei poveracci dispersi
sulla
faccia
della terra
a
qualsiasi
latitudine...
Un altro gruppo di poesie si apre con una "visita al cimitero"
durante la quale il poeta osserva sbigottito e quasi scandalizzato
gli effetti
dei regolamenti di polizia mortuaria nel piccolo camposanto alpino:
lapidi divelte e ammucchiate, tombe distrutte, cumuli spianati dalla
ruspa... per fare posto ai nuovi arrivati. Un moto di indignazione
pare pervadere l'animo di Zanier che vorrebbe raccogliere le povere
osse rimaste sotto ma... l'improvviso canto di un grillo lo rasserena,
anche se non gli riesce di vedere la piccola tana...
Anche il modo di essere inumati incuriosisce il poeta
che in un'altra breve poesia fa un raffronto tra le antiche usanze
(dei romani,
degli etruschi, i vestiti preziosi, il soldo a Caronte...) e la nostra:
il vestito buono, le scarpe lustre, forse la cravatta nuova ma sicuramente
senza
una
lira
in tasca!
Nella successiva poesia, il poeta ricorda l'amico sindacalista
scomparso di recente e si rammarica per non avergli telefonato per
tempo: chissà,
se fosse stato sotterrato con il telefonino, forse potrebbe ancora...
Ma non sarà che quel canto di grillo udito un giorno al cimitero...
La ironica genialità del
poeta scava delicatamente, senza alcuna dissacrazione, anche nel
luogo da tutti rispettato e venerato.
Altre poesie raccontano ancora la Carnia odierna, i cui paesi
sono assediati e soffocati dalla boscaglia, dalle ortiche giganti e
dalle
erbacce, dall'incuria pubblica e dal disinteresse privato...
Ma sì, rendiamo
ospitale questa
terra, sfalciamo l'erba, accogliamo i turisti (?) come si deve, apriamo
le troppe case vuote da anni... e poi bruciamo il fieno perchè non
sappiamo più che farcene!
E ancora un nuovo motivo ispiratore: una
vecchia casa andata a fuoco nel 2006 e rimasta maceria annerita, vivificata
con versi
memorabili
che
ti
prendono
e
non ti lasciano fino alla promessa della ricostruzione...
E poi:
il concetto di vecchiaia sulla bocca della figlia sedicenne lo turba
e lo intenerisce, la consapevolezza della senectus ipsa morbus che
avanza...
La
raccolta termina con una poesia dedicata a Pasolini e questo particolare
potrebbe essere illuminante...
Sul
verso poetico di Zanier, che scrive sempre in carnico
nella variante di Comeglians, ho già accennato in "Libers
di scugnî lâ" e non è il caso qui
di riprendere il tema; basti solo dire che l'ispirazione artistica
qui non è venuta
meno ma, se possibile, appare più riflessiva, più matura,
più temprata
e temperata dall'età e dell'esperienza.
In una parola: più umana.
Forse più vera. Di certo (così a me pare) meno ideologizzata.