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... E PARTIREMO ANCOR
CON LA TRISTEZZA IN CUOR... |
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Il
sottotitolo di copertina presenta immediatamente il contenuto di
questo prezioso libro (edizioni Carnia Alpina),
scritto da Giovanni
CATTAPAN,
il quale trasferisce in queste pagine, con abile interpretazione
e costante immedesimazione,
la vicenda bellica di un alpino carnico, Pietro Romano,
di Zuglio,
che conosce
la
guerra
fin
dal primo vagito (nasce profugo su un carro di trasporto agricolo
nei
pressi
di Rimini nel novembre del 1917).
La biografia di questo uomo ricalca quella di moltissimi
altri carnici che percorsero la stessa lunghissima strada: Albania (1939), Grecia (1940-41),
la campagna di Russia (1942-43), il grave ferimento,
la lunga malattia, la prigionia in un lager russo,
il ritorno lungo
e faticoso,
la fortissima delusione del rientro in Carnia (1945)...
Colpisce
in questo resoconto biografico la precisione dei fatti, il ricordo
dei nomi dei vari personaggi e di tutti i commilitoni delle varie
campagne militari, la cronolgia degli avvenimenti anche più secondari,
la splendida iconografia in b/n inedita che ravviva
il racconto e lo rende concretamente visibile e documentato...
Una
trama lunga complessa e articolata che pare davvero essere stata
scritta in presa diretta a partire dal 29 marzo 1939 fino
al 6 dicembre 1945 (e qui il merito va certamente all'
autore del libro, che ha saputo infondervi
un pathos
ed una capacità
cronachistica
che ben si contemperano e da cui esce un racconto avvincente e realistico
privo di iperboli retoriche e dei soliti luoghi comuni).
Alcuni commenti (seppure espressi a distanza di oltre 60 anni da
quegli avvenimenti) hanno il sapore della consapevolezza di una
tragedia anche allora percepita: "Io ho sempre pensato
che il nostro nemico non è in Albania, nè in Grecia, nè in Russia,
i nostri veri
nemici sono a Roma!..." (pag. 70).
Rimane particolarmente impresso nella memoria il clima
vissuto nel campo di prigionia
russo dove
Pietro
riesce a
sopravvivere
e addirittura a instaurare un rapporto positivo con le guardie
russe, fino ad impararne anche la lingua... Rimangono impressi
tantissimi altri episodi che vengono narrati con molta semplicità ma
che suscitano sempre ammirazione e rispetto per quest'uomo, Pietro
Romano, che giunto in Italia nel 1945 trovò perlopiù indifferenza e
freddezza.
Addendum
Mi pare importante rilevare un fatto che per
gli abitanti della Valle del But risulta molto significativo. A
pag. 20 vi è la
fotografia del capitano
Occelli (ritratto
insieme ad altri 3 ufficiali alpini, nell'ottobre 1939 in Albania):
ebbene questo capitano Occelli sarà,
il 22 luglio 1944, uno dei due comandanti (l'altro
sarà
tedesco) del gruppo armato nazi-fascista che effettuerà la
lunga strage di civili tra Paluzza e Arta (vedi a tal proprosito TESTIMONE
OCULARE in
questa biblioteca).
Questa è l'unica
foto, finora mai pubblicata, che mostra il volto di
questo ignavo ufficiale degli alpini, che non solo non
fece nulla per fermare la ingiustificata barbarie nazi-fascista,
ma che partecipò personalmente
a quel rastrellamento ed alle azioni successive.