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AGÀNAS
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Si tratta di un vasto e approfondito lavoro di ben 300 pagine, la cui tematica, ad un fugace e superficiale sguardo, potrebbe sembrare vaga ed evanescente, "indegna" di una trattazione sistematica e tanto meno forse di una tesi di laurea. Ma occorre davvero andare a leggere queste densissime pagine per ritrovare non solo le leggende (non fiabe) della tradizione orale di Carnia, ma soprattutto gli agganci (incredibili) con la vera Storia passata, che nella nostra Montagna ha impresso tracce indelebili (e qui sta la novità e la peculiarità di questo libro).
Dopo una chiarificatrice introduzione, utile per comprendere le differenze tra leggenda e fiaba, l'autrice passa in veloce rassegna le figure più mitiche dell'ambiente leggendario carnico dove si ritrovano: Aganes, Belin, Marangule, Pagans, Salvans, Stries, Maçaroz & C... Ma l'autrice, tra tutti questi, andrà a soffermarsi e a sviscerare solamente la figura dell'Agana, di cui inizia a raccontare la derivazione etimologica, le varie interpretazioni popolari, le diverse espressioni linguistiche, le svariate sembianze sotto cui appare e dispare...
Nel 1 Capitolo, vengono presentate le varie forme delle "agane" nell'arco alpino, perche questa figura leggendaria si ritrova, variamente rappresentata, in tutta la Montagna, dove sempre assume e riassume il mondo acquatico nelle sue molteplici varietà.
Nel 2 Capitolo, viene messo a fuoco il personaggio dell'Agana che "vive" in Carnia, la quale viene suddivisa nelle sue varie vallate per poter meglio affrontare sistematicamente le varie questioni. Di ogni valle, l'autrice visita i principali paesi alla ricerca di storie e ricordi, esibiti dai vari personaggi intervistati (che non necessariamente sono dei vecchi) i quali, rovistando nei ricordi dell'infanzia, fanno riemergere i bizzarri racconti di un tempo, in cui le agane giocavano un ruolo da indiscusse protagoniste (nel bene e nel male).
Si parte da Forni Avoltri e si scende a Rigolato, poi Comeglians e Ovaro, la Val Pesarina, la Val Calda, Lauco e Raveo, la valle del But con la val Pontaiba, e poi l'Jncaroio e infine la conca tolmezzina...
Ovviamente il paese maggiormente coinvolto con le mitiche Agane risulta il mitico "doppio Cercivento" i cui abitatori ne hanno da raccontare...
Ma il lato più interessante di queste ricerche sul campo di Marina Lunazzi è costituito dai continui e ineccepibili riferimenti archelogici (spesso corredati da iconografia esplicativa) che vengono a conferire a questo lavoro apparentemente "evanescente" una patente di storicità e di credibilità, ovviamente non sulle effettiva esistenza delle Agane quanto sui legami storici precisi che spesso sottendono a queste leggende, le quali, prima di diventare tali, certamente avevano avuto un avvio di concretezza storica locale, che poi il popolo si è incaricato di plasmare e modificare sulla scorta di necessità sociali o religiose o semplicemente di convenienza familiare; ma tutte queste "manipolazioni" sono poi entrate a fare parte di un patrimonio di tradizione orale, che nei decenni e nei secoli si è andato via via arricchendo di sempre nuovi contributi soggettivi fino a diventare una saga, la Saga delle Agane.
Nel 3 Capitolo si affronta il problema della toponomastica locale, ricchissima di riferimenti alle Agane, e non poteva non essere così in una società alpina, come quella carnica di un tempo, chiusa e autogestita, con pochissime fughe "tal forest" e dove la vita quotidiana era scandita dall' immutato succedersi delle stagioni e dal suono imprescindibile della campana.
Ed anche qui, l'autrice passa in metodica rassegna tutti i Comuni carnici, di cui esibisce i principali toponimi legati al mondo leggendario delle Agane (e su tutti spiccano non a caso, per ricchezza e varietà, Enemonzo, Cercivento, Arta, Cavazzo, Comeglians, Lauco, Paularo e alcune frazioni di Tolmezzo). Una adeguata cartina della Carnia mostra la distribuzione di questi toponimi.
Gli ultimi tre capitoli si soffermano sul mondo delle Agane come si è sviluppato e si ritrova nel Friuli, nel Veneto ed in Trentino Alto-Adige. Ovviamente i parallelismi e le sfumature e le differenze sono molteplici, ma tutto ciò fa capire come il mondo dell'acqua abbia sempre stimolato e suggestionato l'immaginazione degli alpigiani che hanno saputo (o voluto?) vedere nel suo limpido fluire un elemento della natura dall'indubbio potere fascinoso ed anche intrinsecamente misterioso.
Tantissime le note ed i riferimenti bibliografici; estesa la bibliografia.
Mi sento di ringraziare qui Marina Lunazzi per avermi dato, con questo suo importante lavoro, la possibilità di riuscire a coniugare la leggenda con la Storia, individuando sempre la necessaria chiave di lettura che vi è sempre presente, sapendola cogliere magari perfino nei dettagli...