La Farie di Checo
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Note storiche

A Cercivento di Sotto, in località Plan da Fàrie, sorge una antica fucina, risalente sicuramente agli inizi del Quattrocento, come attesta un documento del 10 giugno 1426 in cui si cita il “fabro” Giacomo e la sua fucina nel “plan da fàrie”.

Il 13 settembre 1670, il vice Gastaldo di Tolmezzo concede a Giuseppe De Conti detto il “fâri” l’utilizzo della “roe” derivata dal fiume Bût per il funzionamento del suo opificio, che viene minuziosamente descritto come composto da: due fucinali, due magli e una mola per affilare.

Il 12 agosto 1804, in una analoga concessione a Francesco Morassi, viene ulteriormente descritto con dovizia di particolari questo antico opificio: misura dei diametri delle ruote, delle lunghezze degli alberi, e dei pesi dei due magli (190 e 140 Kg).

Nel 1902 l’opifico viene acquisito da Francesco Dassi (Checo) che lavorerà come fabbro-ferraio fino al 1955, quando l’attività verrà rilevata dal figlio Francesco. Costui vi lavorerà fino al 1966, quando una disastrosa “brentane” del fiume Bût, rovinerà irrimediabilmente la presa d’acqua e alcune strutture della fucina.

Nel 1984 il nipote Candido Silverio, non essendo più remunerativo il lavoro nella “farie” ormai abbandonata, decide di donarla alla CMC la quale, con un intervento mirato e lungimirante, passò al recupero totale del manufatto.

Nel 1990 la FARIE DI CHECO venne solennemente inaugurata nella sua nuova veste di PICCOLO MUSEO VIVO della cultura materiale della Carnia.

 

Descrizione

L’edificio della farie (= fucina), con l’adiacente mulino,  sorge lungo la roggia derivata dal Bût; è costituito da un locale rettangolare che ospita due fucinali in muratura, un mantice, un maglio, una mola per affilare e due incudini. Tutti i meccanismi, perfettamente funzionanti, sono mossi da due grosse pale esterne, alimentate dalla roggia. In precedenza esisteva un secondo maglio che affiancava quello esistente ed un secondo mantice accanto al fucinale d’entrata.

Posteriormente al locale di lavorazione, vi è un piccolo ambiente in cui il “fâri” eseguiva le lavorazioni di rifinitura ed esponeva i pezzi lavorati: oggi ospita un variegato campionario della produzione della antica fucina, recuperati nel corso dei lavori di restauro.

 

Forza motrice

L’energia idraulica che fa muovere tutti i congegni, viene fornita dalla roggia (roe) derivata dal Bût, la cui presa si colloca circa un Km più a nord. L’acqua viene convogliata fino all’edificio attraverso una doccia di legno (vagn) che sbocca in una vasca di legno rettangolare sul cui fondo si aprono dei portelloni, comandati dall’interno mediante lunghe leve; ciascun portellone si apre sopra una ruota idraulica che è solidale con un albero motore in legno, il quale trasmette all’interno il moto rotatorio. Quando il portellone viene aperto, l’acqua precipita sulle pale delle ruote, facendole girare. La velocità di lavoro degli strumenti viene regolata aumentando l’apertura del portellone. Quando la fucina è inattiva, l’acqua è scaricata, attraverso saracinesche di legno, nel sottostante canale di scarico.

 

Congegni idraulici

 

SOFLET (mantice)

Il soflet alimenta il fuoco della fucina e mantiene la temperatura elevata. Per il suo funzionamento, il moto rotatorio impresso dalla ruota idraulica, deve essere trasformato in moto rettilineo-alternato: ciò avviene mediante una manovella che, applicata all’albero rotante, gira in modo eccentrico e alza ed abbassa un’asta a gomito che a sua volta fa compiere un mezzo giro ad un albero orizzontale sospeso. Questo imprime un nuovo movimento ad un secondo gomito il quale, mediante una fune, aziona il mantice.  

MAI (maglio)

Il grande maglio a testa d’asino, diffusissimo in Europa, serviva per la spianatura delle vergelle e dei masselli di ferro incandescenti, rifiniti poi col martello sull’incuin (incudine). Anche per il “mai”, il moto rotatorio dev’essere trasformato in rettilineo alternato. Per ottenere ciò, si fa incontrare l’estremità sporgente del manico del maglio con la palmola (denti di ferro) applicata all’albero rotante solidale alla ruota idraulica: ad ogni contatto tra le due estremità, la testa del maglio si solleva e poi ricade sul piano dell’incudine.   


Schema di funzionemanto del maglio (màj)

MUELE (mola)

La “muele”, che serve per affilare “manaries, manarins, picons, gris, pales ecc”,  viene fatta girare per trasmissione diretta del moto rotatorio della ruota idraulica esterna. Il disco è di pietra arenaria ricavata in località “Puint di Stuet” a nord di Cercivento, sul riu Marassò. Quando la muele diventava troppo liscia (occorre che sia infatti ruvida) si usava bocciardarla con apposita mazza.    


Schema di funzionamento della mola

MULIN (mulino)

In un ambiente immediatamente precedente la fucina, sono allineati ben due mulini per la molitura del granturco, che attualmente (non essendo stati donati alla CMC per il restauro ed essendo ancora di proprietà privata) non sono funzionanti e restano ancora “abbandonati” ed in attesa di un (auspicabile!) recupero.

Sperin che cualchidun al si dei da fâ per tornâ a fa vivi encje i doi mulins di Checo.

Consigli per i visitatori

Chi vuole visitare la FARIE DI CHECO, è opportuno che prima prenda contatto direttamente con SILVERIO Candido, custode e anima della Farie.

  

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