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di Mauro Tedeschi

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14° Puntata

“Allora?” Dado appariva tranquillo e sicuro di sé.“La nostra richiesta è ragionevole...” rispose Herma.“Per tutto il pacchetto, o solo per il cubo di metallo che abbiamo intravisto al 'Paradiso'?”“Cosa intende per 'pacchetto' ? ” la donna parve sorpresa.“Non penserà che comperiamo a scatola chiusa? Non siamo pivelli noi, non ci facciamo prendere in giro dai vostri trucchi da illusionista. A noi interessa molto di più che la smettiate di insolentirci e di organizzare e sostenere comitati di lotta , di sobillare comunità locali in giro per il mondo…”“Non siamo in vendita!” Herma recitava bene la parte.“Senta signora...” il volto di Dado si indurì, mostrando il lato feroce: “Lei è qui perchè vuole negoziare un qualche tipo di accordo, mi dica cosa proponete e io le risponderò se c'è o non c'è possibilità di un gentlemen’s agreement.”“E' stato accreditato per questa trattativa, signor Enrico, o si tratta di una sua iniziativa?”“Se lei pensa che ci sia un interlocutore migliore di me, dottoressa Herma, la nostra cena può anche finire qui.”Non c'era dubbio che Dado fosse un osso duro ma l'architetto era una maestra nell’arte del negoziato e conosceva bene i propri punti di caduta: “Noi siamo disposti a chiudere il progetto Kimera.”Dado si abbandonò ad un sorriso insolente: “Iniziativa lodevole, ma non siamo interessati ai vostri esperimenti da dottor Stranamore, noi vogliamo solo che chiudiate i vostri siti, mettiate i sigilli alle vostre scuole peripatetiche, compresa quella di Acciarino, vi dedichiate alle vostre battaglie in modo più, come potrei dire, ‘sobrio’. Siamo interessati al vostro brand, al vostro marchio, perchè, nonostante non siate più in grado di sostenerlo, ha un certo appeal tra la gente comune. E’ uno specialità delle grandi corporation apparire esattamente il contrario di quello che sono.”“Dunque non temete Kimera?” Herma cercò di apparire sorpresa.“Siamo del tutto persuasi che si tratti di un bluff.”“Se la pensate così...” Herma cercò di tenere sotto controllo l’emozione. La tigre che aveva di fronte le vagava intorno famelica, proseguì: “Potrei sottoporle comunque un prezzo.” La donna recitò fino in fondo la parte che aveva deciso di sostenere.“Certo non sarei in grado di risponderle subito.”“Nemmeno io.” replicò Herma. Si sentiva un verme, stava per vendere il sogno del professor Chron, ma non c'era altra via di uscita. Dietro le apparenze, l'esperienza di ‘mediatica’ di Kimera, dal punto di vista finanziario, era stata un fallimento, la fondazione aveva le casse vuote e una volta bruciati i fidi delle banche i debiti sierano accumulati fino ad un livello insostenibile. L'illusione aveva conquistato decine di migliaia di persone in tutto il mondo, attraverso la rete, ma la verità era che senza soldi i progetti ambiziosi, specialmente quelli a fin di bene, muoiono.Erano quasi al dessert e Dado vedeva la sua interlocutrice oramai con la testa nel sacco: “Bene, dottoressa, giochiamo a carte scoperte. La vostra fondazione è sull'orlo del fallimento e non può chiedere aiuto a nessuno, se non a un certo numero di illusi e anime belle.”“Allora cosa ci fa lei, signor Enrico, seduto a questo tavolo?”“Sono un anima bella e poi... Sono venuto per lei…”Herma sorrise nervosa, quel complimento giunse inaspettato. Dado allora scrisse qualcosa su un tovagliolo e glielo passò. Era una cifra, notevole. Lei cercò conforto nel fondo del bicchiere ma non vide altro che vuoto.“Cosa dobbiamo fare, da dove dobbiamo cominciare a demolire?” l'architetto aveva subito alzato bandiera bianca.“No, ci mancherebbe altro, solo ridimensionare. Siete troppo bravi e una ritirata rovinosa desterebbe sospetto. Per prima cosa dovete accettare un nuovo socio, un canale di finanziamento che tenga vive, come potrei dire..., le vostre speranze e poi chiudere i vostri corsi di ‘sobrietà’.”“Non mi aspettavo questa proposta.”“Non c'è niente di meglio, signora, che poter muovere sulla tastiera le pedine dell’avversario. Un nemico sconfitto che si fa vassallo, e, a questo proposito...”“Cos'altro vuole chiedermi?” Herma si vergognava delle sue stesse parole.“Cosa posso fare per consolarla? C'è qualcosa di personale che lei intenda salvare dal naufragio del progetto Kimera?”“La scuola di Acciarino.”“Beh, lei può intuirne il prezzo e lo può pagare solo lei.” Era un uomo terribile, questo Enrico, non lasciava nulla al caso, e quella sera lei poteva rappresentare l’acconto…“Non lo posso fare, tradirei una persona che amo.”“Lo tradirà in ogni caso, mi rendo conto che si tratti di una scelta difficile...” Sorrise, pareva un angelo della morte.Lei si rimproverò per quel vestito troppo vistoso, d’altra parte voleva utilizzare qualche piccolo vantaggio nei confronti di un noto toumber de femmes. Si rese conto di quanto avesse sbagliato. Prese coraggio: “Per quanto le sembri impossibile ci sono donne che dicono no e che sono disponibili a pagarne il prezzo.”Dado apparve stizzito. “Tre giorni ed avrete la nostra risposta.”“Sta bene” rispose Herma che aveva la morte nel cuore.Fuori pioveva. Herma decise di non tornare mai più al ‘Paradiso’. 

Nel frattempo Nico, sempre più nervoso al passare delle ore, si decise a tirar fuori la vecchia borsa dei diari di Celestino. La teneva sotto il letto, dove l'aveva abbandonata. A dire il vero era stato il suo subconscio ad impedirgli di leggerli, non aveva nessuna intenzione di rinvangare il passato, pensava che quei diari nascondessero il lato oscuro del paesee anche quello della sua famiglia. Quella sera però cercava risposte, la sua ansia stava crescendo, a questo punto doveva dare un nuovo equilibrio alla propria vita. Era meglio sapere….

Diario di Celestin, Primavera 1945

La professoressa mi chiese più volte di rivelargli dove avessi mai imparato quelle parole in inglese. Mi lusingò, mi accarezzò, mi promise mari e monti. Alla fine cedetti, ero solo un bambino.

Lo stesso giorno mio padre e mia madre furono portati alla ferriera e non li rividi mai più. Quel camino che prima era stato fonte di speranza e di lavoro per un intero paese, ora rappresentava un sinistro monito per tutti gli abitanti di Acciarino. In quei giorni buttava fuori un fumo grigio, pesante, che ammorbava l’aria di tutte le contrade circostanti. Non mi perdonai mai della mia debolezza che aveva portato a una fine terribile i miei genitori, per me quella fabbrica non era diventata solo una prigione ma la rappresentazione terrena degli inferi. Fui risparmiato per il coraggioso intervento del parroco di allora e affidato alla zia che mi dava il minestrone in cambio delle visite al viziatissimo figlio della professoressa. Giulio era terrorizzato da me, e, dal momento che il risentimento alimenta la violenza, lo picchiai e minacciai sistematicamente fino alla liberazione, quando fu affidato ad un collegio. Credo mi abbia portato rancore per tutta la vita.

 

Non era ancora finita. Il peggio venne dopo. La professoressa, che possedeva un consistente pacchetto azionario della ferriera ed altri beni mobili ed immobili, pensava di potersi comperare la tranquillità ma i partigiani che avevano affidato perqualche giorno gli inglesi ai miei genitori non avevano dimenticato. Mivennero a prendere il ventisette di aprile e mi interrogarono per una intera giornata. Non avevo motivo di negar loro la verità, il mio cuore era carico di odio, anzi chiesi loro di punire anche me. Per sua sfortuna la professoressa fu catturata da un gruppo di sbandati e fucilata il giorno seguente. Qualcuno disse fosse stata seviziata a lungo, prima di morire. La settimana successiva ero già in seminario, non certo per vocazione, ma passarono anni prima che riuscissi a sollevarmi dai sensi di colpa. Giulio fu in seguito adottato da un giovane ambizioso che era stato l'ultimo compagno stabile di sua madre, untale che chiamavano il “Duca” per i suoi modi gentili. Un piccolo funzionario, fervente fascista, che aveva cambiato bandiera, passando utili informazioni agli alleati, appena in tempo per guadagnarsi la fama di ‘anti’.

 

Diventare il ‘tutore’ del piccolo Giulio significava anche poter gestire diversi pacchetti azionari, boschi e pascoli attorno ad Acciarino, intere contrade e un discreto gruzzolo di denaro. Il Duca fu un investitore attento e dimostrò grande sagacia nel fiutare gli affari e per le pubbliche relazioni. Al compimento della maggiore età di Giulio, a fine anni cinquanta, il‘gruzzolo’ del giovane era ancora considerevole, ma il suo tutore si era già proiettato nell'empireo dell'alta finanza grazie ad investimenti azzeccati nel settore della nascente industria aeronautica. Alcuni giorni all'anno li passava proprio ad Acciarino per curare gli interessi locali, tra cui la vecchia ferriera che rappresentava oramai un peso, più che una risorsa. Il suo scopo era visitare il suo 'protetto', che l’estate rientrava dagli studi e sollazzarsi con la locandiera Afra che era una sua fervida ammiratrice. Un piccolo ‘incidente’ lo aveva costretto a rinunciare alla consueta vacanza in paese, un piccolo incidente che qualcun’altro aveva chiamato Nico.

 

Diario di Celestin, Primavera 1963

Feci ricorso ad ogni tipo di minaccia per tenere in vita quel bambino sfortunato, che chiamava papà un uomo che non lo era e mamma una donna che non voleva esserlo. Non so se il mio rimorso di avere tolto la madre ad un bambino con le mie rivelazioni ai partigiani avesse avuto un ruolo nella mia ostinazione nei confronti di Afra. Forse era il mio modo di regolare i conti con la vita stessa. C'è poco da fare il male porta altro male, e il bene, una vita che si affaccia sul mondo contro ogni volontà, non può che portare altro bene. Almeno ho creduto così.

 

Diario di Celestin, 2006

Ho scoperto che il legittimo figlio del “Duca” è l’attuale proprietario della fabbrica e il presidente dell’azienda chiamata ‘Geenna’. L’ho letto sull’inserto dedicato all’economia di un giornale nazionale. Dunque un mare di schifezze sommergerà il mio paese, a partire dal luogo che ha visto la fine dei miei genitori. E’ proprio vero, il male porta sempre altro male…

Pianse a lungo Nico, quella sera. Sia per Herma che non rientrava, sia per quei diari che andava a scorrere alla ricerca di nomi familiari, trovandovi il suo e le scomode verità nascoste al mondo per anni. Si sentiva l'uomo più reietto della terra, tradito negli affetti più cari, ingannato in ogni modo. Gli restava solo lei che non voleva saperne di rientrare, il cellulare rimase muto. Lo aveva tradito come sua moglie? Si sarebbe presa gioco di lui? Dado alla fine avrebbe vinto, come sempre?

 

Tre giorni dopo Herma chiamò Andersen, il professore paffuto, dall’aeroporto. Lo informò che aveva concluso la transazione ed il prezzo era equo. Il giorno stesso avrebbe dovuto disdire il contratto con Afra e programmare lo sgombero di Kimera che avvenne di lì a pochi giorni. La sua seconda telefonata fu per Chron, molto deluso da quella notizia, la sua scommessa era stata perduta. Il sogno soccombeva davanti al peso della materialità e dei soldi. La terza chiamata fu per Nico, distrutto dal dolore.

La voce di lui era rotta dall’emozione: “Allora, dove sei Herma?”

“All'areoporto”

“Cosa significa?”

“Che l'esperimento del ‘Paradiso’ è finita.”

“E me lo dici così, per telefono? Sono tre giorni che non ti fai vedere.”

“Non potrei dirtelo di persona, ti voglio troppo bene.”

“Tornerai?”

“No... Però ti ho fatto mandare un biglietto di sola andata per S.Francisco, a casa mia.”

“Non so nemmeno dov’è S. Francisco. Io non scappo, io resto qui. Ho creduto nel vostro progetto, mi sono fatto in quattro per voi e adesso mi mollate come un ferrovecchio.”

chiuse furibondo la comunicazione.

Andersen non usò molte parole. Lasciavano tutte le infrastrutture ad Afra, gratis, e uscivano dall'affare, l'accordo tra le due parti fu trovato in un battibaleno, Nico non venne nemmeno considerato.

La sera stessa Acquamen convocò i suoi amici al 'Paradiso', nella sala riunioni del piano terra. C'erano tutti quelli del comitato, Erbavoglio, Daria, Giorgio, Mauro,Fabio, Maria Grazia ed altri ancora.

“La scuola chiude, amici miei, la festa è finita.”

Fabio scosse la testa: “non tutte lefavole finiscono con ‘vissero felici e contenti...’ ”

“Il risultato è che torniamo al punto di partenza, anzi peggio. Mia madre mi ha comunicato che non intende più avvalersi di me.”

“Ma questi professori, perchè se ne vanno?” Erbavoglio, che aveva frequentato con profitto tutti i corsi era molto amareggiato.

“Credo che abbiano finito i soldi, e, presi per la gola, alla fine abbiano accettato un accordo con i nostri amici della ferriera. A loro interessava levarsi di torno dei pericolosi rompiscatole e alla fine ci sono riusciti.”

Daria, che era la più generosa, si fece avanti: “Cercheremo di aiutarti, con le schifezze che sono nascoste lassù non possono averla vinta!”

Il farmacista sbottò: “Senza dimenticarsi di Celestin!”

“Invece pare di sì, non abbiamo altre carte da giocare” Acquamen appariva piùrassegnato che risentito.

“E la tua ... insomma, Herma?” Giorgio aveva perso qualche puntata.

“Si vergogna troppodi tornare qui da me, mi ha offerto di raggiungerla.”

“E tu?”Maria Grazia era curiosa.

“Io non posso volare così alto, non ho il paracadute come loro.”

“Dunque?” Mauro aveva le pentole sul fuoco ed una certa fretta di tornare al ristorante.

Nico apparve rassegnato: “Alziamo bandiera bianca, vediamo se possiamo convivere con quell'affare là in altro, riduciamo il danno.”

Giorgio a quel punto non seppe trattenersi: “Anche se lassù ci fossero scorie nucleari ed ogni sorta di porcheria prodotta dal genere umano?”

Fabio si fece curioso: “E' una supposizione?”

Daria rispose per lui: “Ci siamo stati, è peggio di quanto si possa immaginare.”

“E non li avete denuciati?” Mauro era da sempre il più scettico.

Giorgio abbozzò: “Sono sotto ricatto, ci hanno catturati, a mia moglie ho detto che venivo a cenare da te. Una rimpatriata.” Daria sorrise.

Maria Grazia, la più pragmatica, cercò una soluzione: “Scriviamo una lettera anonima, i carabinieri dovranno intervenire.”

Nico allora parlò molto chiaro: “Domani sarò di persona dal maresciallo, mi ha convocato assieme a mio cognato, parleremo di questo, credo. Voi avete raccolto qualche prova?”

Daria tirò fuori l'etichetta che avevano prelevato su alla miniera.

“Dammela, è sempre meglio di niente.”

Alla fine, attraversato un mare di parole, decisero di sciogliere il comitato, Fabio oramai abitava in un altro paese, Giorgio si vedeva di nascosto con Daria e almeno loro qualcosa ci avevano guadagnato, Mauro aveva aperto le trattative per vendere il ristorante a una catena di fast food.

Acquamen chiuse il discorso: “Solo mia madre, oramai, è così matta da pensare che possa rinascere qualcosa, in questo maledetto paese.”

Scesero di sotto e svuotarono la cambusa del bar. Nico, da quella sera dismise per sempre il soprannome di Acquamen ma il mattino dopo trovò un biglietto sotto il cuscino…

Al Maresciallo dei carabinieri non parve vero di ritrovarsi di fronte i due cognati terribili. Erano arrivati pressochè insieme ma non si erano nemmeno salutati.

“Bene signori, come saprete, la morte di padre Celestin è stata archiviata dalla Procura come una disgrazia, ma non vorrei che certe dicerie di paese inasprissero ancora di più i rapporti di alcuni cittadini con la direzione della Ditta.”

Dado rispose, sicuro di sé, come sempre: “La cosa può riguardare solo qualche testa calda, abbiamo stretto un ottimo rapporto con gli amministratori locali, e stiamo mantenendo tutte le promesse, anzi, approfitto del suo gentile invito per informarla che lunedì avvieremo lo smaltimento sperimentale delle prime ecoballe. La sua presenza sarebbe molto gradita alla cerimonia. L’attuale parroco benedirà l’impianto.”

Il militare acconsentì, poi si rivolse a Nico che diede la sua versione dei fatti: “Non so se Celestin sia stato ucciso, il signor Dado qui ne avrebbe avuto motivo, dato che ho appreso che il nostro povero prete era stato in qualche modo responsabile dell'esecuzione di sua nonna, durante la seconda guerra mondiale. Intorno a quella fabbrica corre una scia di sangue.”

Dado non rimase sorpreso da quella rivelazione. Suo padre gli aveva raccontato mille volte quella storia. Non a caso, con la sottile ferocia di cui era maestro fin da bambino, gli aveva fatto pervenire le foto di sua nonna, la notte del fattaccio. Solo un’intimidazione, da giorni aspettavano l’occasione di fargliele avere. Il vecchio era rimasto assai scosso da quei ricordi in bianco e nero e poi era successo quello che era successo. Dado non se ne sentiva responsabile, la sua coscienza era un imperscrutabile buco nero.

“Non vedo che nesso ci sia tra vicende sepolte dal tempo e la morte di Celestino” Enrico giocava le sue carte con estrema abilità.

Nico non voleva proseguire oltre: “Tu ti comporti come fossi il padrone, in fondo sei praticamente imparentato con l’attuale proprietario della ‘Geenna’. In ogni caso, maresciallo, sono qui per consengare le armi, se così si può dire. Hanno vinto loro,il paese non c'è venuto dietro, i nostricompagni di strada si sono dileguati.”

“Cosa nascondevate nel semniterrato?” il maresciallo voleva andare a fino in fondo.

“Uno strano cubo di metallo” rispose l’ex operaio, ma se lo sono già portati via.

“Non si preoccupi” Dado apparve sarcastico, “era una sorta di teatro dei burattini, si atteggiavano a scienziati ma erano solo dei saltimbanchi.”

“E voi, cosa nascondete nelle gallerie” questa volta il militare si rivolse a Dado.

“Nè più né meno di ciò che è stato stabilito nei permessi.”

“Compresi i rifiuti ospedalieri e le scorie radioattive?” Nico provò a stuzzicarlo.

“Compresi quelli.” La targhetta di Daria, che l’ex operaio teneva nella tasca, rimase dov'era.

“Non so se i vostri permessi vi consentano di stoccare questo genere di cose.” l'uomo in divisa appariva dubbioso, sperava di cavare qualcosa dalla torrida rivalità dei due parenti, ma parevano giocare al gatto con il topo, senza curarsi di lui.

Enrico si fece serio. “Controlli pure, ma non chieda alle solite amministrazioni. Si deve rivolgere più in alto, molto più in alto. Il sistema funziona anche grazie a noi maresciallo, non se lo scordi.”

“Osa minacciarmi?”

“Venga pure su alla miniera, l'accompagneremo in una visita ovunque lei desideri.”

“Lo farò di certo.”

“Ma non troverà niente di fuori dall'ordinario, glielo posso assicurare.”

“Avete rimesso le cose a posto?” Nico cercò di provocarlo.

“Le cose sono sempre state a posto.” Alcune demolizioni controllate avevano sepolto per sempre l'inimmaginabile. “Non vorrete beccarvi una denuncia tu e quegli altri scombinati del comitato, già avete provato ad entrare senza permesso, e solo grazie alla magnanimità del nostro Marius, l’addetto alla sicurezza...”

“Inutile che mi provochi. Non mi sento di odiarti Dado, non mi sento più niente. Vai per la tua strada, spero di non incontrarti mai più.”

“La cosa è reciproca, cognato. Nemmeno con la signora architetto ti è riuscito di battermi.”

“Su questo ti sbagli, sono sicuro che ti sbagli.”

Dado sorrise beffardo, Nico gli rispose con un altro sorriso. Il maresciallo prese atto che qualcuno, da qualche altra parte, aveva firmato un armistizio. La partita che aveva visto giocare davanti ai suoi occhi, era di certo truccata.

Marius, dal suo ufficio al ventisettesimo piano, si fece una bella risata. Dunque avevano deciso di spegnere l'esperienze dellla ‘scuola’ del professor Chron, e avevano permesso loro di tenersi la 'Stige', ovvero il cavallo di Troia. Lui sapeva che Herma stava bluffando, lui sapeva che Herma era informata del fatto che la camera di Nico era sotto controllo. Il rilevatore di microspie aveva dato esito positivo, non negativo, le sue ‘rivelazioni’ erano tutte fandonie. Aveva recitato la parte a meraviglia, in tutto e per tutto e quel bellimbusto di Enrico se l'era bevuta. Lui non aveva mosso un dito per farlo desistere. Marius veniva da un posto in Ucraina che si chiamava Chernobil e per una volta nella vita aveva fatto vincere i buoni.

Tre mesi dopo Nico uscì dalla casa di Erbavoglio di buon mattino, Abbandonò la sua vecchia macchina nei pressi della stazione. La sua destinazione era una grande città da dove partivano i voli transoceanici. Dust, l’assistente del professor Chron, lo venne a recuperare all’aeroporto di S.Francisco. Era un mondo alieno per lui, che non spiaccicava una parola di inglese. Aveva fatto tutta quella strada solo per amore. Fu accompagnato in un luogo segreto, in pieno deserto del Nevada. Herma gli aveva promesso che avrebbero aspettato anche lui.

“E' arrivato!”

Qualcuno spense la luce. Il professor Andersen, grazie ad un telecomando, attivò lo strano monolite nero montato su una sorta di impalcatura. Si udì un rumore simile a uno sciame di api, poi il congegno prese improvvisamente a vibrare.

“E' acceso?” chiese una voce.

“E' acceso!” rispose un'altra. Partì un applauso fragoroso.

La 'Stige' si ammantò di un colore rosso fiammante, la riscoperta del fuoco era stata portata a termine. Il prezzo dei sogni aveva pagato un’altra volta.

 

“Il bene porta sempre altro bene.” Per un attimo Nico pensò a Celestin ed al suo sacrificio, poi ad un padre che non aveva mai conosciuto e il cui mondo si apprestava a distruggere.

 

Lontano lontano, nello stesso istante, l’orologio del Paradiso, ormai deserto, suonò per l’ultima volta.

 

“TIC TAC TIC TAC TIC TAC TIC TAC”“DON DOON DOOON”

 

 

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