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di Mauro Tedeschi

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10° Puntata

Davanti ai soldi le lingue si sciolgono e le inimicizie sopiscono. Afra fu anestetizzata dalla vista di cinquecentomila euro in contanti.

Dust era un assistente impagabile: "Signora Afra, dal momento che lei non ci conosce, abbiamo deciso di mostrarle, in solido, che non raccontiamo favole. Non intendevamo mancarle di rispetto, ma venire qui, così all'improvviso, era l’unica possibilità per affermare la nostra credibilità.

La donna cercò di riflettere in fretta: "Non posso negare che abbiate degli argomenti interessanti ma l’albergo è mio e, visto che siete qui, significa che avete fiutato l’affare. Ho altre offerte, sapete?”

Dust non demorse:“Non ne dubitiamo signora, ma noi non facciamo generiche promesse noi siamo pronti ad investire molto più di così!”

"Io non vendo l’albergo, è nostro da generazioni e sono certa che possa avere un futuro.”La madre di Nico parlò come se la sua vita potesse durare in eterno.

Il professor Chron assunse un espressione bonaria, poi si schiarì la voce:"Signora, mi permetta di presentarmi, sono il Professor Chron, Ordinario di Scienza delle comunicazioni alla Università di Bad Godesberg. Vorrei sgomberare il campo da un equivoco, noi non intendiamo privarla del suo albergo, noi desidereremmo semplicemente affiancarla nella gestione e diventare suoi soci. Abbiamo preso le nostre informazioni e sappiamo quanto lei sia seria e attaccata al suo lavoro.”

Nico sbuffò, più che attaccamento si trattava di ossessione.

"E mio figlio, lui cosa c’entra? Strano modo di esprimersi per una madre, lo aveva di fronte, poteva chiederlo a lui.

"Mamma, ho solo accompagnato queste persone.Non gli disse di Erbavoglio, altrimenti avrebbe vanificato quell'approccio... “Che mi sono state presentate da comuni amici. Hanno un buon progetto e pensavo potesse tornare utile al'Paradiso'.”

"Non si usa più prendere appuntamento?Il viso della madre appariva irrigidito, un autentico muro di pietra.

"Mamma, non mi avresti mai ascoltato.”Ciò era vero, lei non lo prendeva mai troppo sul serio.

Afra affondò:"Ci devo pensare. In ogni caso, se mai accettassi, non scenderei per nessuna ragione sotto il cinquantuno per cento.”

Dust fece per ribadire ma il suo superiore lo fermò con un gesto: "Capisco la sua preoccupazione ma possiamo venirle incontro. Il 'Paradiso' appartiene alla sua famiglia da generazioni, perciò è giusto che voi ne manteniate il controllo. Guardi, le faccio una proposta che immagino potrà trovare il suo favore....”

La locandiera non tradì alcuna emozione, ma il vecchio sentiva che la stava irretendo, così proseguì: "Cinquanta e Cinquanta e, contestualmente, conferiamo il due per cento delle azioni a suo figlio, uno a testa. Noi in lui abbiamo trovato un serio interlocutore e la maggioranza resterà comunque in mano alla sua famiglia. Chi meglio di un figlio, una persona vincolata ad uno stretto legame di sangue, può assicurarle la continuità dell'azienda?

E qui si dovrebbe aprire un intero capitolo sul rapporto tra Afra e suo figlio. Lei non ne aveva alcuna considerazione, un po' per le sue vicissitudini infantili, un po' dato che l'anziana nascondeva nel suo intimo angusti segreti.

Afra stava per rispondere la consueta banalità sull’inconsistenza moraledi Acquaman ma il figlio la precedette.

"Io non accetto regali, e mia madre non si fida di me.”

Afra ignorò quella frase:"E poi non avete nemmeno visto l'albergo. Come si dice in Africa? Pagare moneta, vedere cammello.”

Chron si abbandonò ad un mesto sorriso:“Anche volessi, signora, non potrei vedere alcunchè. Nico ci ha spiegato tutto, strada facendo, le mappe catastali hanno fatto il resto. “

"Almeno non ha osato farvi entrare. E che vorreste farne, se mai trovassimo un accordo?”Una piccola crepa fece capolino nel muro di imperturbabilità.

Questa volta fu Dust il più lesto: "Una scuola per manager, guide della società, con residenza, un luogo seminariale parauniversitario dove ci si incontra per affrontare argomenti scientifici legati allo sviluppo sostenibile.”

"Cosa vuol dire?” Afra, questa volte, si rivolse a Nico.

"Un master.”Rispose il professore, comprendendo l'imbarazzo di lui.

La donna obiettò: "Ma strutture come queste, per quel che ne so, stanno in un luogo deserto, senza distrazioni.

Nessuno degli interlocutori rispose, non ce n'era bisogno, in effetti Acciarino era veramente un deserto.

"No, non se ne parla! Non si capiva se la donna fosse solamente cocciuta o volesse alzare il prezzo. I soldi sul tavolo la attraevano come una calamita, ma mancava ancora qualcosina all'offerta.”

Il professore lo comprese alvolo, sapeva captare certe vibrazioni nell’aria, e, come al solito, tirò fuori la sua arma segreta. "Signora cara, ho dimenticato di dirle la cosa più importante. Sappiamo della sua professionalità e della sua dedizione. La nostra residenza perderebbe di credibilità, anche verso le autorità e la popolazione locale, se lei non ne divenisse la Direttrice. Le sarebbero affidati, oltre alla metà degli utili, la logistica, le sistemazioni, la pulizia, l’accoglienza degli ospiti, l’assegnazione dei tavoli...”

Il muro psicologico cominciò a vacillare. Il professore aveva trovato finalmente un punto debole.

Afra tentennò ancora, doveva, per la prima volta da molto tempo, dare credito a suo figlio.

Il professore diede l’impressione di spazientirsi e con un cenno invitò Dust a serrare la valigia.

Lei li osservò, tutti e due, poi la valigia e i soldi, dato che suo figlio, talvolta, le appariva trasparente, poi assunse la decisione.

"Sta bene.”Lo disse con un tono rauco, di chi non può farsi scivolare via una grande occasione.

Adesso ce l’avevano in pugno. Le parti si invertirono e fu Chron a prendere l'iniziativa e a porre condizioni.

"Bene, allora suo figlio sarà il nostro uomo di fiducia e si occuperà delle iniziative didattiche, a lei l'hotellerie, a Nico l'organizzazione degli eventi.

L'operaio sbottò: "Ma io ho già un lavoro!”

Dust lo attraversò con lo sguardo: "Può cominciare subito, mister Nico, lo stipendio è lo stesso che percepisce ora più il dieci percento. “

Madre e figlio si osservarono, la vita può svoltare anche di domenica pomeriggio, anche ad Acciarino.

"Sta bene!”Rispose anche Nico.

Fecero per uscire.

"Professore, dimentica la valigia!

"Non l'ho dimenticata, signora, lo consideri un anticipo.”

I tre uomini uscirono. Nico si rivolse agli altri due: "Tutto previsto dunque, tutto preparato.”

Dust rispose beffardo: "Ci siamo solo portati i soldi, con i soldi si può improvvisare ogni cosa, non crede?”

Herma Zapata Garcia Moreno era una donna minuta e volitiva, affascinante a suo modo, ma di età indefinita. A lei era stato dato il compito di collaborare alla ristrutturazione degli interni dell'Hotel Paradiso. Sulle prime Afra si era preoccupata, temeva che l'architetta volesse arredare gli ambienti a suo gusto, magari come quei casermoni periferici da camere a ore, ma poi, visto come questa signora operava nel concreto, si rilassò. Per prima cosa Herma le aveva chiesto le fotografie dell'albergo degli anni cinquanta e sessanta che lei conservava tanto gelosamente. Voleva ristabilire, lo stampo, il mould dei bei tempi andati. I materiali dovevano essere quanto più possibile di origine locale, sia per limitare inutili trasporti inquinanti, sia per caratterizzare la specificità territoriale della 'Scuola'. Nico diede la sua piena collaborazione per gli infissi. Tutto ciò che si poteva riparare si riparò, tutto ciò che si poteva rivitalizzare,riprese vita, persino i vecchi termosifoni anteguerra. Il 'Network'come lo chiamavano loro, aveva le proprie regole e una di queste diceva: “costruisci oggetti che si possano riparare, ripara oggetti che altri vogliono solo distruggere.”

Fu così che reperirono, presso una locale cooperativa di consumo, un grande tavolo da riunione in noce. Sarebbe diventato, dopo opportuna rilucidatura, la matrice, l'anima più profonda, dell'esperienza del 'Paradiso'.La prima riunione che si tenne attorno a quel tavolo fu una sorta di bicchierata, per festeggiare la concessione della licenza da parte dell'autorità competente, tra Nico ed i vecchi amici di Acciarino. Doveva essere una semplice bevuta in compagnia, ma Herma la trasformò in una lezione gratuita, un antipasto della logica del 'pensiero forte' che avrebbe dominato il clima scientifico della “Scuola” di Kimera. C'erano tutti gli amici del comitato contro l'inceneritore, che da mesi ormai non dava più segni di vita. “Bandiera bianca”, li chiamavano i soliti buontemponi di paese, memori dell'impresa sul pinnacolo della ferriera. Ciascuno degli “ex combattenti” aveva seguito il corso della propria vita ed era lì un po' per curiosità ed un po' per sentirsi meno solo.

“Voi credete che l'inceneritore inquini più di una qualsiasi delle vostre fabbriche?” L'architetta era vestita con un tailler rosa, che rendeva la sua silouette brevilinea più femminile.

Giorgio che si credeva un sapientone rispose: “Mille volte tanto.”

“Sbagli. Lo fa allo stesso modo.”

“E allora perchè abbiamo fatto tanto casino?!” Daria era sorpresa dalla risposta della bio-architetta che, a loro insaputa, era ritenuta un'autentico luminare europeo dell'urbanistica 'verde'.

“L'inceneritore non è un problema in sé, anzi a suo modo risolve un problema, magari più efficacemente di una discarica a cielo aperto. E' evidente che regala una certa inquietudine pensare di respirare i fumi della combustione delle nostre immondizie perchè le vediamo, le respiriamo, le tocchiamo e ci fanno schifo. Conoscessimo a fondo i processi produttivi di certe fabbriche, allora, per le stesse ragioni, le raderemmo al suolo.”

Nico rivoltava il bicchiere nella mano: “Sì, ma loro occuperanno anche le grotte con le loro schifezze...”

L'accento di Herma era impeccabile, la sua sicurezza, inflessibile: “Non con le loro, con le nostre, hombre. Il problema non sono le discariche, il problema è il nostro stile di vita. Quelli su alla ferriera, come la chiamate voi, sono animali schifosi, parassiti, ratti famelici, ma siamo noi che li manteniamo belli pasciuti.”

“Bel discorso” Fabio era un po' brillo, “ma il mondo non si può cambiare, aggiustare forse, una mano di bianco qua e là...”

Fu così che Herma lo inchiodò con gli occhi con aria di sfida, poi gli rispose: “Sei proprio seguro?”

L'altro tentennò e allora si buscò, lui, collega architetto, una delle più brucianti lezioni di vita a cui avrebbe mai assistito.

“Ogni oggetto ha un anima. Non mi riferisco all'anima delle persone ma alla storia degli uomini che lo hanno utilizzato, progettato, e a quelli che hanno progettato i pezzi che ne fanno parte. Il valore di un oggetto non si esaurisce con la sua efficacia, ci sono altri valori che lo rappresentano e lo identificano. La sua durata, la sua storia, il suo valore affettivo, la sua ricollocabilità e l'energia necessaria per rimetterlo in circolo. La cosa più importante però è il suo tasso di evocazione.”

Gloria che era un tipo pratico ed era piuttosto scettica sulla credibilità delle teorie della 'matassa' rispose secca: “Lei crede ai fantasmi, signora?”

“Sua padre e sua madre sono fantasmi? Lei tiene certamente in casa oggetti, fotografie che fanno parte della vostra storia familiare. Che senso avrebbe visitare una pinacoteca? Vedere il colore dei quadri, o la maestria dei pittori, certo, ma anche per la loro abilità di evocare tempi, ricordi ancestrali, culture, vite su vite, pensieri. Questa è la loro forza. Se c'è evocazione c'è cultura collettiva, e se c'è cultura collettiva c'è Comunità. Chi ti invita a privarti degli oggetti o li fabbrica in modo che durino poco e non siano riparabili, non solo si allinea ad una scuola economica, ma impone un regime che nega ricordi, affetti, aggregazioni. Senza parlare del rispetto dell'ambiente.”

Fabio e Gloria rimasero senza parole.

Nei giorni che quella donna passò ad Acciarino Nico cominciò a comprendere che la cultura era forse la cosa più bella che questa vita potesse regalarci. Confrontarsi con Herma, seppure da semplice carpentiere, gli dava un'autentica sensazione di euforia. Ogni gesto di lei era figlio di una disciplina ferrea, ogni parola frutto di una mente illuminata. Persino sua madre, la sua scettica madre, ne era affascinata.

Fu negli ultimi giorni che l'oramai ex operaio comprese cosa fosse o chi fosse veramente il bio architetto Herma. Era un angelo, apparteneva ad un mondo invisibile, negato ai patiti della televisione e della cultura da banco. Lei era venuta a costruire un'ambasciata di un altro mondo, partendo da altri concetti, altri valori, un'altra Visione da quella corrente, in uno dei tanti paesinisenz'anima dell'Italia del Nord. A quaranta anni passati aveva avuto la fortuna di incontrare persone che oltre a dire di no, intendevano costruire un mondo diverso sui fatti, e la cosa più sorprendente apparivano capaci di farlo.

La Residenza Paradiso fu completata e l'ultima sera Herma andò a far visita a Nico nella sua camera da letto. Erano entrambi in pigiama. La signora non era certo persona che si facesse problemi di etichetta, lui era molto triste che lei se ne andasse, perchè i sentimenti verso quella donna lo stavano sopraffacendo.

“Tu sai che domani vado.”

“Lo so purtroppo, Herma.”

“Ti dispiace?”

“Molto. Sei una donna speciale, e, se posso dire, anche bella.” Non era il tipo da smancerie ma questo lo pensava veramente. ”Mi mancherai molto, io non ho la tua cultura, il tuo spessore, la tua forza, sono solo un carpentiere.”

“Sbagli, Nico, sbagli di grosso, la cultura si può costruire ma tu sei una bella persona, carica di amore per il prossimo e poco amata. Spero che diventerai uno di noi.”

“Lo spero, professoressa.” Poi la guardò. “Vuoi restare con me questa notte?” Gli venne così, naturalmente.

“Sono molto onorata da questa tua offerta, ma non possiamo. Sarebbe l'avventura di una notte, una cosa che non può durare, non è né da me né da te. Tieniti nel cuore la parte più bella di me, guarda dentro la tua anima Nico, e scoprirai quante cose si nascondono dietro le tristi apparenze degli uomini.”

“Ci rivedremo?”

“Di sicuro. Adesso fai funzionare questo posto, Kimera ha bisogno di te.”

“Buonanotte.”

“Buonanotte.”

Nico si addormentò quasi subito e comprese, Forse anche lei ne aveva voglia ma nel suo mondo le relazioni umane avevano tutt'altri stile e valori. Meglio Così, molto meglio così.

Dado aveva saputo da sua suocera l'evoluzione dei fatti al 'Paradiso'. Non credeva che suo cognato fosse capace di qualsivoglia iniziativa ma aveva dovuto ricredersi. Evidentemente la corna gli avevano giovato. Aveva una idea lontana degli scopidel Network Kimera, ma il suo compito era costruire infrastrutture non indagare sulla rete di eventuali nemici potenziali, quello era lavoro dei Governi. Marius, che nel frattempo aveva fatto base su una piattaforma nel mar Baltico dove si erano verificate incomprensibili manomissioni, si risentì molto del fatto di essere avvertito con mesi di ritardo della visita del professore.

“Da quando, dimmi da quanto!”

“Da tre mesi, almeno.”

“E cosa aspettavi a dirmelo, Enrico?”

“Sono una gabbia di matti, hanno strane teorie sul 'mondo nuovo', soldi ne hanno sì, c'è sempre qualcuno che rimbambisce in tarda età e lascia tutto ad una chiesa, ma credo che entro un anno il fenomeno rientri naturalmente. Del nostro inceneritore pare si disinteressino, onestamente non capisco dicosa dovrei preoccuparmi.”

“Dunque non sai niente di loro!” La voce di Marius gracchiava dal satellitare.

“E cosa dovrei sapere?”

“Che il loro è un progetto finalizzato a rivoluzionare il mondo dell'energia, e per quelle che sono le mie informazioni, non sono così distanti da risultati rivoluzionari. Con questa tecnica 'Open Source', ovvero con il contributo gratuito di scenziati da tutto il mondo attraverso la Rete, stanno ottenendo risultati inimmaginabili.”

“E io cosa devo fare.”

“Falli sorvegliare.”

“Per questo non c'è problema, mia suocera mi adora, ed è lì apposta. Possiamo entrare quando vogliamo se devi soddisfare qualche curiosità o piazzare un paio di microspie.”

“Bene, allora tieniti pronto.”

“Masono dei sognatori senza arte né parte! Per me sbagli di grosso.”

“Meno di quanto tu creda, Dado! Stai bene attento.”

Cristina, la sorella di Nico, si presentò all'albergo pochi giorni prima della sua inaugurazione. Fece mille complimenti alla madre, visto che era riuscita finalmente a coronare il suo sogno. Il 'Paradiso' era ritornato ad esistere, e somigliava in tutto e per tutto, se non fosse stata per la presenza di computer e schermi al plasma in ogni angolo, quello del passato.

“E' tutto molto bello mamma, siete riusciti a realizzare un grande lavoro.”

“Siete?”

“Tu e Nico.”

Afra non era poi molto convinta del ruolo del figlio, allora Cristina prese l'iniziativa: “perchè ce l'hai tanto con lui, perchè lo tratticome un estraneo?”

“Perchè lui come mi tratta?”

“Non ho mai capito il motivo per il quale tu fossi tanto affettuosa con me, quanto severa con lui.”

“Eh, le mamme sanno cose...”

“Per esempio che mio marito se l'è spassata con mia cognata...”

“Cosa dici?”

“Questo è un paese piccolo mamma, basta tendere l'orecchio, eppure tu dai l'impressione che la colpa sia di Nico.”

“Tra Dado e Nico non c'è paragone.”

“Hai ragione mamma, ma al contrario di quello che pensi tu, mio marito è una persona senza scrupoli, un uomo feroce che ho sposato troppo giovane e troppo inconsapevole. La sua bellezza è solo uno schermo, una maschera.”

“Ti ci metti anche tu adesso?”

“Vedi, io credo che tu ce l'abbia con mio fratello per qualche altro motivo, qualcosa che mi sfugge.”

“Come ti permetti!” Afra divenne paonazza.

“Tu non amavi papà, se n'è andato presto, ma tu non lo amavi.”

“E con questo, cosa vorresti sottintendere?”

“Che Nico non può avere colpa per le tue colpe, ho letto le lettere mamma, quelle che nascondevi nella cassapanca, sotto i vecchi vestiti.”

La locandiera non mosse un muscolo.

“Dunque sai.”

“Dunque so, mamma..!”

 

 

 

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