Da FORNI DI SOPRA Collana di studi a cura di L. Zanini (1959) Fortunato
De Santa nacque a Forni di Sopra il 9 agosto 1862, da Giovan Battista ed Anna
Pavoni, modesta ed esemplare famiglia della frazione di Vico. Compiuti gli studi
elementari in paese, avendo egli espresso il desiderio di farsi sacerdote, venne
avviato al seminario di Udine, dove si fece subito notare, oltre che per
intelligenza e profitto, per l’indole aperta e cordiale che gli meritava la
simpatia e l’amicizia di tutti. A
vent’anni, costretto ad interrompere gli studi per il servizio militare,
divenne un alpino autentico, stimato e benvoluto dai commilitoni non meno che
dai superiori. Ed in capo ad un triennio, tornò al suo banco in seminario. Ordinato
sacerdote nel 1888, assumeva l’ufficio di cappellano del suo paese, e poi, nel
1895, quello di parroco. Così, dopo esser stato zelante cooperatore, affrontava
la piena responsabilità della sua missione, che svolse con la generosa
sollecitudine d’un vero padre de’ suoi fedeli. Prime
cure di don Fortunato: dar nuovo impulso alle confraternite già esistenti, e
promuovere con ogni assiduità la formazione religiosa sia dei fanciulli sia
degli adulti, giovandosi in questo d’un suo prezioso dono: la parola facile ed
avvincente, piana, ma ansiosa di un bene spirituale che doveva esser luce e
conforto anche nelle più comuni vicende. E
questo ideale e insieme realistico modo di sentire, lo indusse a preoccuparsi
della stessa vita materiale dei suoi parrocchiani, ai quali soleva parlare di
forme associative che potevano prometter vantaggi per tutti e per ciascuno.
Quindi, se li vide
intorno collaboratori
già convinti,
allorché volle
fondare una cassa rurale ed una cooperativa di consumo; due istituzioni
che, grazie alla sua competenza di amministratore, contarono in breve tra le
meglio avviate della provincia. Del
pari ben disposti li trovò anche in seguito, quando propose loro di stringersi
in una società di mutuo soccorso, che tutti affratellasse nel concreto
esercizio della carità cristiana,
e desse modo altresì di istruirsi; i giovani seguendo corsi di arti e mestieri,
gli altri presenziando alle serate di un circolo di cultura; due istituzioni cui
egli attese con l’innata sua vocazione di educatore. A
questo punto, egli dovette chiedersi se al paese poteva donare dell’altro. Sì,
l’onesta possibilità d’uno svago, opportuna specialmente nelle lunghe
invernate. E allora, il provvido e umanissimo parroco non esitò ad accollarsi
l’impegno di allevare una compagnia filodrammatica ed un corpo filarmonico:
oneroso eppur grato impegno, se a taluni porgeva occasione di imbastir qualche
cosa sopra una modesta scena, e ad altri di intronare il prossimo solfeggiando
dinanzi a qualche rigo di musica. Tante sono le vie per tirar su un paese; e
tante dovettero figurare in un suo antico programma, se per farsi
curatore d’anime
egli aveva
anche meditato
su qualche
libro di pedagogia teorica e pratica. Nella
buona stagione, poi, che purtroppo disperdeva tutti gli artigiani in lavori
all’estero, egli poteva concedersi il sollievo delle gite in montagna; ma per
andarvi alla ricerca di piante rare e di rocce fossilifere, e riportarne degli
esemplari per le sue collezioni, riordinate con la diligenza ed i criteri d’un
appassionato di geologia e di botanica. E fu così che professori e naturalisti
di grido, capitando a villeggiare a Forni, conobbero il dotto parroco e ne
sollecitarono anche la collaborazione. E
sappiamo che don Fortunato coltivò relazioni di studio specialmente con
Torquato Taramelli, scienziato largamente noto per le sue memorie intorno ai
problemi di botanica, di geologia ed idrologia del Friuli (1). E
come sempre, anche in queste ricerche egli colse il destro di giovare ai
parrocchiani; a loro infatti destinava un manualetto di
nozioni per
una più redditiva coltura agricola di montagna: ed un elenco di piante
medicinali, di cui annoverava 66 specie, con l’indicazione delle virtù
curative e del modo di trattarle per farne medicamenti. Senonchè
tutto questo fervore di opere egli dovette interrompere nel 1906, quando
superiori ed estimatori lo vollero alla direzione del seminario udinese. All’istituto
che gli aveva dato il primo avviamento, egli recò il tesoro della sua
esperienza, insieme con l’alto e puro concetto della missione alla quale
appunto erano destinati i suoi giovani allievi. Quindi, egli impegnò tutte le
proprie energie nel promuoverne la formazione spirituale, nel farsi loro guida
ed esempio nello studio, nella pietà, nel pratico esercizio del sacro
ministero. Per esser brevi diremo con mons. Trinko che Fortunato De Santa fu
anche in seminario l’uomo della Provvidenza: tutto per tutti. Nel
1914 venne nominato Vescovo di Sessa Aurunca, missione che accettò con
l’abituale suo spirito di umiltà, e soprattutto nel convincimento che quella
era la volontà di Dio. Doveva andare incontro ad un mondo affatto nuovo, per
costumi ed inveterato modo di pensare ed operare tanto diverso dal nostro. In
breve, però, si venne a sapere che fin dal primo ingresso in quella diocesi, la
sua parola piena di fervore, e quell’aria di santità che spirava dal suo
volto, avevano fatto una grande impressione. Poi, la chiara fermezza dei
propositi, l’attività instancabile e, in particolare, il fulgido esempio che
dava in pubblico e in privato, avevano fatto il resto; avevano cioè, vinto ogni
diffidenza, e indotto clero e popolo a rispondere con sincerità ed anche con
entusiasmo alle sue apostoliche premure. In
passato egli aveva già steso una scelta di sermoni in cui delineava ben chiaro
— nei limiti, nella forma, nello spirito — il
programma d’azione che
più gli
stava a
cuore. Riesumò
ed anche ampliò tali premesse, fornendo alla stampa un ulteriore
contributo di articoli esortativi; il che valse ad apportargli nuovi e più
ammirati consensi, e non senza propositi di speciali manifestazioni in suo
onore. Allora
egli si dette la pena di schivare ogni pubblico attestato ed ogni onorificenza
che potesse, come suol dirsi, dare nell’occhio. Ma si trovò egualmente a
dover declinare più d’una pressante offerta di sedi più comode, o d’un
livello più elevato. Ed ai confidenti che non sapevano rendersi conto di tali
dinieghi, rispondeva che, accettando, gli sarebbe parso di venir meno al mandato
commessogli dal Santo Padre, che nell’inviarlo a Sessa gli aveva caldamente
raccomandata quella diocesi. Dopo
cinque lustri di quell’infaticato lavoro — assai di rado interrotto per un
breve ritorno alla pace dei suoi monti — egli si trovò esausto ed ammalò.
Riavutosi d’improvviso, che parve miracolo, lo colse una ricaduta che lo portò
alla fine: il 25 febbraio
1938. Una
folla immensa — tra cui numerosi vescovi al seguito del Cardinale Arcivescovo
di Napoli — intervenne alle sue esequie, che ebbero il tono e la solennità
d’una glorificazione. E si
disse che in
quell’ora tutti
ebbero la
convinzione di
trovarsi alla presenza delle venerate spoglie d’un santo. PUBBLICAZIONI
DI MONS. F. DE SANTA: CENNI
STORICI DEI «FORNI SAVORGNANI», Pag. Friulane, VI, 1893, p. 163. CENNI
MONOGRAFICI DEI COMUNI DI FORNI DI SOPRA E DI SOTTO SAVORGNANI, S. Daniele del
Friuli, 1893. CRONISTORIA
DEI FORNI SAVORGNANI, estr.da 156 antichi documenti dal 778 al 1695, Pag.
Friulane, XII, 1900, p. 142 ss. PIANTE
MEDICINALI NEL COMUNE DI F. DI SOPRA, S. Daniele, Udine, 1901. APPUNTI
DI AGRONOMIA PER IL COMUNE DI F. DI SOPRA, 1902. ILLUSTRAZIONE
STORICO-ARTISTICA DELLA CHIESETTA DI S. FLORIANO, Pag. Friulane, 1906, pag. 147. Vari
saggi in prosa e in versi nella parlata di Forni di Sopra, in Pag. Friulane,
passim. (1)
La flora friulana, 2 voll. (1906) di L. e M. Gortani dedicata ad A. Battistella
e a F. De Santa, «compagni indimenticabili di tante escursioni in Carnia ».
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