Gli arrotini carnici

di Dino Temil

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Il mestiere dell'arrotino (guizzadors o gues), risale ai tempi in cui furono inventati i ferri taglienti, perchè ovviamente, ottenuta l'arma o l'attrezzo, occorreva l'incaricato capace di rimettere in sesto il filo rovinato o consumato. Nono si sa con esattezza da quanto tempo gli abitanti di tre comuni dell'alta Carnia: Ligosullo, Paularo e Treppo Carnico abbiano cominciato a dedicarsi a questo mestiere, che ha condizionato positivamente la civiltà delle sue genti e che oggi è soltanto un ricordo. Forse è derivato dal commercio ambulante che era svolto oltre confine da venditori di spezie e di tessuti, i cosiddetti "Cramars". Di questi signori del commercio, non solo friulani o veneti, si hanno notizie certe nei due secoli scorsi, ma non è ancora noto il motivo per cui l'attività dei nostri "cramars" sia poi del tutto cessata. 


Uno degli ultimi "gùas", scomparso qualche anno fa, Benvenuto Morocutti da Murzalis, fotografato mentre è all'opera in un paesino del Cadore.  

Sicuramente c'è il fatto che nel secolo scorso in Austria vigeva il divieto del commercio ambulante per gli stranieri, mentre era libera l'attività ambulante di artigiani, come arrotini, stagnini e foralarici. E' sicuramente per questa ragione che molti "cramars" abbiano ripiegato su queste attività pur di ottenere un guadagno. Infatti, già nel 1828 l'arrotino era il lavoro prevalente per gli uomini di Ligosullo (un pò meno a Paularo e Treppo Carnico) ed i ragazzi, già all'età di 10-12 anni emigravano con il padre nella vicina Carinzia. Questa corrente migratoria si sviluppò favorevolmente fino al 1915. Con il sorgere delle ferrovie e sotto la spita del sempre crescente numero di addetti, il mestiere del "Gue" si addentrò nelle regioni interne dell'Austria oltre che in Baviera in Ungheria ed in Serbia. L'emigrazione stagionale si svolgeva in due tempi: da fine gennaio ai primi di giugno, con rientro nello stesso mese per la fienagione, nuova partenza a ferragosto con rientro ai primi giorni di dicembre. Gli attrezzi usati per questa mansione particolare consistevano in un carrettino detto "crascine" dal tedesco "Kraschen" spinto a mano, in posizione di fermo la mola veniva azionata da una pedivella collegata ad una ruota traente. Vi era anche una versione più leggera portata a spalla, quando nelle strade innevate non si poteva procedere con quella tradizionale. Per poter esercitare il mestiere si doveva avere una licenza rilasciata dalla Prefettura, con un apprendistato di almeno due anni, e pagare una tassa annua di cinquanta corone, un importo non disprezzabile per quei tempi. Il lavoro veniva raccolto casa per casa, porta per porta ed ogni arrotino si era creato un certo itinerario chiamato "gai" e la sua clientela ormai affezionata lo sapeva atendere ad ogni suo passaggio. Il lavoro, incentivato dal bisogno e dalla passione, diventava sempre migliore e non avveniva per caso che un arrotino ambulante della Val Pontaiba e anche della Val Resia, fosse chiamato a servire il reparto chirurgia di un ospedale. Grazie a questa attività c'è stato un notevole benessere in molte famiglie, specialmente di Ligosullo e per una particolare proprietà di parecchi abitanti nel vestire, per il fatto di doversi presentare sempre in ordine nelle case, gli abitanti di Ligosullo erano e sono tuttora chiamati dai paesi vicini "Kaisers". Il miracolo dei "guzzadors" finì con la fine della guerra 1915/18, quando l'Austria non concesse più permessi per attività ambulanti a stranieri. Continuarono quelli che avevano avuto la fortuna imprenditoriale di aver acquistato prima un posto fisso e successivamente un negozio sia in Austria, sia in parecchie città dell'Italia settentrionale, sostituendo la vecchia ed amata "Cràscine" con i progressi della tecnologia.

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